“Poesia saharawi, anima di resistenza” di Bahia Mahmud Awah

Una recensione di Monica Buffagni.

È un canto d’amore e di guerra, dal vago rimando alle suggestioni di Garcia Marquez, l’agile e intenso volumetto “Poesia saharawi, anima di resistenza” – già nel titolo il filo rosso della raccolta – che riunisce le liriche del poeta di origine sahariana Bahia Mahmud Awah, ad opera di Multimage e del suo prezioso lavoro di ricerca, sostegno, condivisione con associazioni e realtà culturali.

È un canto morbido, dondolante, dolente e fiero che si fa voce, orgogliosa e dall’animo antico, del popolo saharawi, della sua storia travagliata, della sua terra , aspra e rigogliosa insieme, amata e perduta, vissuta e riconquistata nell’anima, anche nell’esilio. Il Sahara occidentale, terra d’ Africa e di monti, di acqua e di sabbia, si affaccia, ampio e profondo, sull’Oceano Atlantico, è stato teatro di dominazione spagnola, poi di invasione militare e da tempo il popolo saharawi vive tra le zone occupate e i territori algerini dei rifugiati, vivendo la contraddizione lacerante tra la propria cultura di origine e la difficoltà di determinarsi come popolo indipendente e libero.

Bahia Mahmud Awah. Foto: https://porunsaharalibre.org/

Ancora una volta, è la poesia, con i suoi versi fioriti e scabri, aspri e sussurranti, con i suoi cantori, quali Awah, a farsi voce, ora forte e assertiva, ora intima e sommessa, divisa tra nostalgia e quotidianità, tra aspirazioni e ricordi, di chi non ha voce, a farsi narrazione intima e sofferta della propria identità, a ridisegnarsi in una dicotomia tormentata e avvolgente, che oscilla, appunto, tra l’amore – per la propria terra, la sua bellezza, la sua identità, i suoi abitanti – e la guerra – di libertà, di riconoscimento, di lotta, di affermazione e dignità.

La suggestiva raccolta, che propone sapientemente l’accostamento tra la musicalità della lingua originale accostata alla traduzione, si apre con una lirica elegante, fiorita, colorata, “Poesia di maggio”, che è un vero inno alla bellezza, sia della natura fertile e piena in una opulenta primavera sahariana, abbacinata di rossi e di blu, rincorsi da sprazzi di bianco assoluto e latteo, colma di essenze trasportate dal vento, sia di quella femminile, incarnata in sorridente silenzio dalle donne vestite di “nila”, ricoperte e trasfuse di azzurro, scuro e splendente sul viso truccato con il nero “kehla”, quasi un rimando ai pigmenti fenici, sulle stoffe, sul mare, nella leggerezza dell’incedere e del danzare notturno sotto la luna, luna piena che assiste al ritorno silente – ecco che ritorna il tema del silenzio, ovattato mistero orgoglioso e oppressione straziata di voci proibite – dell’ “inaspettato poeta su di un bianco dromedario”.

È presente, forte ed intenso, nelle liriche di Awah, esule dal suo deserto natio e spagnolo di adozione, il simbolismo non solo dei colori, ma soprattutto del colore azzurro, che ricorre frequentemente, come una pennellata fresca e sfuggente, densa di misteri, nascosta ed esposta tra le sue parole; azzurro che richiama la leggerezza della libertà, la fluida fuga dei fiumi e delle piogge africane, l’ostinata e ostentata magnificenza dei fiori come il trifoglio viola, la soavità ambigua della rugiada, nebbiolina sul mare, il richiamo di identità delle vesti turchesi, indossate sullo sfondo delle dune dorate di un deserto mai dimenticato e chiuso nel proprio
passato.

È interessante riflettere, sfogliando quasi sovrappensiero le parole azzurre di queste poesie, come la storia umana possieda un minimo comun denominatore che collega popoli, civiltà e culture, che sottolinea, silenziosamente e con potenza assoluta, la matrice comune della stessa umanità; la carica poetica dei blu di Awah rimanda istintivamente a quella dei pigmenti egizi, con la loro maestà di scoperta, che supera la difficoltà degli antichi a discriminare e conoscere colori diversi dal rosso, bianco e nero, che ci riporta al cielo e al mare, quello stesso mare che Omero
definiva, nella sua Odissea, “color rosso vino”.

Nel suo stile asciutto, incisivo, che sa legare il sogno e le sfumature alla cruda realtà della sopravvivenza, Bahia Awah ci conduce da un capo all’altro del sentire umano, da un estremo all’altro della condizione umana, dal canto d’amore a quello di guerra, che costituisce anche il manifesto, almeno quello più esplicito – ché molto altro ci comunica, il poeta, del suo mondo – del suo pensiero, contenuto in “Domanda loro” e “One peace day”, grida di lotta sottovoce (e non lo si consideri una contraddizione). Entrambe cantano la tensione verso la libertà, verso l’autodeterminazione, si dichiarano, sommesse e decise, contro l’oppressione; mentre nella prima, la dolce semplicità della vita ruotata attorno alle stagioni e alle forze primordiali della natura nella terra di origine viene celebrata con quieto orgoglio, nell’altra il sogno di un giorno di pace diventa simbolo e strumento di narrazione del dolore, dei soprusi, della sofferenza patita da un popolo esiliato e sotto dominazione, diviene espressione di speranza, di desideri quotidiani e basilari, di riscatto, una riflessione allo specchio tra pace e guerra, sulle orme delle incisive e definitive parole di Chej Mohamed Elmami , “Il tessuto sporco di pace è meglio dell’arrogante darraa di guerra”.

Come non ricordare qui i versi intensi di “Libri”, in cui Awah ci sottolinea il ruolo della cultura e della poesia in particolare, delle parole in genere per la dignità e la crescita umana? “I libri mi condussero nelle viscere del mio secolo” – dice Bahia Awah, e lo stesso pensa il lettore rapito, così come chi scrive.

La raccolta si chiude con una suggestiva lirica, “L’oscurità schiarita”, tappa finale del percorso emotivo e di pensiero dell’autore, una accogliente conca in cui si intrecciano oro, nero, azzurro a colorare il vento, la terra, il buio e la luce, che duettano e si sfidano, nella eterna danza dell’uomo tra gli opposti e le diverse anime che lo compongono, insieme all’universo.

Poesia saharawi, anima di resistenza. Testo spagnolo a fronte. di Bahia Mahmud Awah
Editore: Ass. Multimage
Collana: PoEtica
Traduttori: Andrulli C. L., Rampoldi M.
Data di Pubblicazione: 2018
Pagine: 70
EAN: 9788899050030
ISBN: 8899050031

© Monica Buffagni. Tutti i diritti riservati.

Un commento su ““Poesia saharawi, anima di resistenza” di Bahia Mahmud Awah

  1. Bahia Mahmud Awah non poteva trovare una voce più adatta che quella di Monica Buffagni per presentare il suo libro “Poesia saharawi, anima di resistenza”
    Nato al interno della collana PoEtica della Casa Editrice per i diritti umani Multimage da cui Monica e la curatrice (https://multimage.org/collane/poetica/) questo libro porta insieme a le vampate torride del deserto africano, il fresco desiderio di pace, libertà, armonia per tutti gli uomini del mondo.
    E questo , nella sua presentazione, la curatrice lo racconta magnificamente, allungando e aumentando il desiderio di tuffarsi subito nella lettura di questi magnifici versi.
    Bravissimo Awah, bravissima Buffagni e bravi quelli di Multimage per regalarci gioe di questo calibro!