Recensione 43: “La Trottola” di Abdelmalek Smari

Una recensione di Karim Metref

La trottola, il nuovo romanzo di Abdelmalek Smari, è disposto come un patchwork narrativo composto da ben 47 quadretti, ognuno focalizzato su un personaggio o un fatto diverso. Ma tutti insieme rendono una immagine molto realistica della vita, fatta soprattutto di sogni e di attesa, di Nabil, il protagonista, e di Hamma, il luogo dove si svolge buona parte del racconto, nonché della fauna umana colorata dei suoi abitanti.

Hamma è un sobborgo della Città di Constantina, nel Nordest algerino. Un’agglomerazione suburbana fatta principalmente di “bina’ fawdawi”, edilizia caotica, come sono la quasi totalità di queste borgate esplose dopo il baby boom degli anni 60 a 80 e che hanno completamente cambiato il paesaggio urbano algerino.

Hamma è rappresentativa del paese profondo anche per la vita che vi si svolge: povertà culturale, bigottismo, disoccupazione giovanile, perdita dei valori ancestrali di solidarietà sociale e non adesione a valori moderni come la cittadinanza e il senso di responsabilità.

La fauna umana che popola questo caos è rappresentata da una serie di ritratti: Khaddor il matto, Khalti il re del mercato nero, Kaias l’ufficiale di gendarmeria, corrotto ovviamente. C’è Barush, il vecchio ex partigiano, compagno di guerra dell’eroe-martire Hamma, che da il nome alla località, che a mo’ di risarcimento per i presunti “alti fatti d’armi” arraffa quello che può: titoli, onori, proprietà, pensioni, privilegi e affari… Il tutto con l’animo in pace di chi crede fermamente di essere nel proprio diritto.

Una fauna per lo più maschile come lo è la vita pubblica a Hamma. Le figure femminili sono molto rare. Le donne si affacciano ogni tanto dalle porte o dalle finestre o attraversano furtivamente la strada, per interagire con il mondo, per poi scomparire nelle loro vite da casalinghe ergastolane. C’è Fufa, la bambina innocente che non avendo raggiunto la pubertà può ancora giocare e cantare per strada. C’è la donna “affarista”, una che fa la spola tra Algeria e Tunisia, sui taxi collettivi, per praticare l’antica arte del “trabendo”, il contrabbando.

Poi c’è Nour, luce. Una figura intermedia, androgina. Noor è fisicamente e “amministrativamente” uomo e in quanto tale gode della libertà di movimento di cui godono i maschi nella società patriarcale. Ma dentro si sente (anche) donna, per sensibilità, per attrazione sessuale verso gli altri maschi… Un funambolo che cammina su un sottile filo. E che cade spesso e si fa male.

In mezzo a questa folla di personaggi emerge la figura di Nabil. L’unico che non sembra trovare il suo posto in quel mondo. Nabil è un po’ “l’intellettuale” del quartiere. Nel senso che qualcosa ha letto in vita sua. Ha frequentato un po’ l’università. E ha quindi in più degli altri quel poco di cultura che si acquisisce nelle università algerine. Sa smanettare i computer e vive tra i lavoretti saltuari per la sopravvivenza e i suoi viaggi virtuali nel mondo del web e dei sogni.

Spaesato nella sua propria terra e incompreso da tutti, perché cerca di usare il proprio cervello, almeno ogni tanto. Non si accontenta come la maggioranza degli slavati slogan patriottici e dei bigottismi superficiale in una società in pieno disfacimento morale.

E’ sul Web che Nabil incontrerà la donna dei suoi sogni. Quella che aldilà delle qualità o difetti che potrebbe avere come persona, rappresenta la porta verso un “mondo migliore”.
Quando Nabil decide di partire verso quella donna/sogno, accade tutto all’improvviso. Nessuno se lo aspettava, anche se tutti sapevano del suo sogno. Un sogno del resto condiviso con milioni di altri “sciumara”, disoccupati.

La sua sparizione da Hamma, lo rende una specie di leggenda. Sul suo conto girano storie incredibili. Il ragazzo schivo, che nessuno calcolava, quando era in mezzo a loro, diventa uno dei temi preferiti dei ragazzi sfaccendati del sobborgo constantinese.

Ma la verità è che la partenza verso lidi migliori, non è cosa facile per chi è nato povero e per di più dal lato sbagliato del Mediterraneo. E’ una avventura piena di insidie. Un piatto molto amaro dal quale anche a Nabil tocca assaggiare un boccone.

Per chi come me conosce le realtà narrate da Smari, il ritratto fatto ad una piccola comunità di periferia risulta di un realismo totale. Quasi spietato. Non fa sconti a niente e a nessuno, Smari, in questo mosaico di ritratti e paesaggi urbani incisi, come nelle antiche tradizioni grafiche, con l’acido solforico.

In qualche modo, questa modalità “spietata” di narrare la propria società fa parte della tradizione del romanzo nordafricano “postcoloniale” (usiamo questa parola un po’ abusata). A cominciare da opere come “Il pane nudo” di Mohamed Choukri nel Marocco dei primi anni dell’indipendenza, passando per opere come “Llaz” di Tahar Wattar, “tombeza” di Rachid Mimouni, oppure dal cinema di Merzak Allouache (Omar Gatlato, Madame courage etc…).

In “La trottola” di Smari si ritrova tutto il realismo della disillusione post indipendenza. Una indipendenza prima sognata e idealizzata, poi festeggiata nell’euforia, che dopo i postumi della festa ha lasciato i sogni incompiuti e un gusto amaro in bocca.
Alla disillusione degli anni 80 si somma tutta l’amarezza della guerra senza nome degli anni 90, la corruzione dilagante degli anni 2000 e così via… Hamma, il piccolo sobborgo caotico sembra rinchiuso in una maledizione di cui non si vedono i confini.

L’unica speranza che lascia il libro è sulla sorte del giovane Nabil. Potrà Nabil sottrarsi alle catene della mediocrità per poter dispiegare le ali e prendere finalmente il volo tanto sognato?
E bene questo, non ve lo dico. Per scoprirlo, dovete per forza procurarvi una copia di “LaTrottola”. Perché ne vale la pena.

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La trottolaAbdelmalek Smari. Selecta Editrice (Pavia)  2019. Pagine: 214.  € 14.00 EAN: 9788873325338