Recensione N.25: “Allunaggio di un immigrato innamorato” di Mihai Mircea Butcovan

A cura di Francesca CHIARLA

Si possono scegliere vari modi per parlare della propria esperienza migratoria; lo si può fare ripercorrendo la storia della propria famiglia o ricordando le tappe di un viaggio, attraverso la descrizione sofferta dell’incontro-scontro con il diverso o abbandonandosi al confronto tra un’infanzia serena ormai lontana nel tempo e nello spazio ed il presente di un’età adulta spesso caratterizzata dalla solitudine e da un senso di non appartenenza.

allunaggioMihai Mircea Butcovan, nel suo libro “Allunaggio di un immigrato innamorato”, lo fa attraverso il racconto di una storia d’amore, inevitabilmente giunta al termine, che vede protagonisti un giovane immigrato romeno ed una bellissima militante leghista. Il testo è un diario che, non solo ripercorre i vari momenti che hanno caratterizzato il rapporto dei due amanti, dal romantico incontro in un bar poco poetico alle incomprensioni nate non unicamente per alterità linguistica, ma che diventa la testimonianza del percorso personale di un giovane uomo alle prese con il paese nel quale ha scelto di vivere e di essere libero. La storia d’amore diventa, quindi, il pretesto per parlare di Consolati affollati o di un “genuino” razzismo padano, ma anche di quei delicati equilibri che si innescano quando si parla di emozioni e sentimenti.Argometi questi che l’autore tratta con un’ironia pungente e mai banale lasciando in bocca al lettore l’amaro sapore della più disarmante verità: “L’amore è come una partita a poker. La posta in gioco è molto alta, ma qui l’unica paura è quella di perdere l’avversario. Ma la maggior parte delle persone è perseverante nell’errore…se quest’ultimo ha prodotto orgasmo.” (pag.50).

Ad arricchire l’impianto lessicale e linguistico del testo contribuiscono, inoltre, i numerosi giochi di parole ai quali l’autore ricorre dimostrando un’eccellente padronanza della lingua italiana e dando un’acuta chiave di lettura della società nella quale viviamo. Scherza, ad esempio, con il significato della parola “Consolato”, seconda casa di chi si ritrova a vivere in terra straniera, e dell’aggettivo “consolato” riferendosi alla vicenda del povero Giuan che, proprio in terra straniera, ha trovato la “bella fanciulla romena, l’ unica al mondo ad averlo compreso ed amato” (pag.73), così come scherza con il lettore celando e svelando nello stesso tempo la propria provenienza in un “ignaro-me-nottambulo” che, sin dalla prima pagina, ci svela il registro narrativo con il quale ci misureremo. Ed ecco che il monologo assume le caratteristiche stralunate di un “Moonologo” per evocare il nome del bar nel quale tutto ha avuto inizio ed un nuovo giornale, l’“Osservatore Romeno”, diventa lo sguardo attento e disincantato di chi crede che si possano modificare le proprie opinioni solo osservando più in profondità ed aprendo, così, un dialogo con il diverso che sempre più spesso ci assomiglia.

La narrazione mescola parti descrittive, riferite sia ad un passato recente sia ad un passato più remoto che parla di una vita precedente in un luogo diverso dall’Italia, con parti più evocative in cui lo scrittore non si limita a ricostruire immagini, ma ricorre a sensazioni ed emozioni provate in momenti specifici della propria vita. Ma Butcovan va oltre, inventando ed utilizzando un linguaggio che ha davvero del poetico, proprio per l’attenzione e la raffinatezza nella scelta dei vocaboli. Il lettore si troverà, così, di fronte ad una tecnica narrativa diversa da quella del romanzo che lo spingerà a porsi continuamente su livelli differenti “inciampando” in un ritmo non costante, ma molto intrigante. La declamazione della donna amata è una trasposizione in chiave moderna di un componimento trecentesco in cui la figura angelica della donna veniva e viene celebrata e declamata per le sue virtù dal poeta innamorato: “Caracameriera, che cosa o chi mi ha detto che esisti, che ci sei, bella e dolce, respiri la vita e sorridi ai clienti, ascolti e comprendi.” (pag.45).

La scelta di alcune parti auliche che, citando i più nobili sentimenti, sembrano trascendere il tempo e lo spazio sono seguite dalla descrizione di situazioni molto reali e quotidiane che conferiscono al testo un ritmo nuovo e sempre differente mettendo alla prova il lettore che non riuscirà più a “rilassarsi” nell’intuizione di aver compreso su che basi viene condotta la narrazione, ma dovrà adeguarsi ai continui mutamenti di registro: “Sento deserto la luce addietro…E al posto dei ricordi, un’ ombra sui Navigli ieri sera…Convinta che non tornerò, ti volti dall’altra parte e un piacevole bacio consideri incubo. Io vado a fare l’esame di matematica.

Il mio amore per te? Un angolo al centro.” (pag.49).

Rendendo omaggio alla complicata bellezza ed alla ricca varietà lessicale della lingua italiana, l’autore descrive uno spaccato di vita reale con il quale ognuno di noi è chiamato a confrontarsi quotidianamente; storie di amici che si incontrano per parlare di donne e di politica, storie di innamoramenti e dell’incontro con la diversità, storie della difficile ricerca di un lavoro e della consapevolezza di essere parte di una trasformazione sociale che rappresenta una vera e propria ventata d’aria fresca per un “vecchio stivale” malandato. E quando vivere in un paese in cui esistono “Grandi Famiglie Padane” che fanno distinzioni “da Roma in giù” diventa davvero difficile, ci si può sempre rivolgere alla Luna che, evocata nel nome di un insignificante bar di periferia, sussurra sogni, porta amore e ricopre l’esistenza umana di un sottile velo poetico.

 

Allunaggio di un immigrato innamorato. Mihai Mircea Butcovan. Besa, 2006, Pp.112, Euro 10,00, ISBN 88-497-0339-2