Recensione N.24: “Lasciando il bosco” di Susanne Portmann

A cura di Francesca Chiarla

Con il romanzo “Lasciando il bosco”, Susanne Portmann propone al lettore un modello insolito di straniero in Italia, o meglio un modello differente dal binomio mass-mediatico squisitamente italiano “straniero-delinquenza” o “straniero-approdi a Lampedusa”. I personaggi principali descritti dall’autrice sono, invece, un fratello ed una sorella, David e Anja, che sembrano aver incarnato, fin dalla loro infanzia, la condizione del migrante non intesa come maledizione divina sotto il peso della quale soccombere, bensì vissuta come senso di appartenenza al mondo intero all’interno del quale ci si sposta per avere una visione più ampia della propria vita.

lasciando boscPer Anja, quindi, l’Italia diventa luogo nel quale nascondersi per non affrontare un passato che ritorna prepotente e violento, mentre per David, Roma sarà la città che gli restituirà la sua vita e la storia della sua vita attraverso gli scritti della sorella scomparsa. La terra natale non viene mai evocata con nostalgia ed il riconoscimento delle proprie radici è alimentato dallo speciale rapporto fratello-sorella che sembra trascendere i confini dello spazio e del tempo, vivendo in paesi diversi da molti anni ed avendo imparato, sin da piccoli, a contare solo sulle proprie forze. Ed in questo rapporto speciale, le diverse lingue straniere che entrambi parlano alla perfezione diventano la chiave ed il caposaldo del loro legame, quasi un codice di comunicazione che solo a loro è dato di utilizzare: “Parlare insieme in quella specie di Kauderwelsh, che man mano ci siamo costruiti tra alemanno, italiano, francese e perfino inglese, per noi era come celebrare una speranza, un esperanto allo stato puro, negli anni a seguire. Io oggi non riesco nemmeno a capire bene in che lingua penso!”(pag. 97).

Attorno alla scomparsa di Anja, “extracomunitaria insolita” come citato nella quarta di copertina, che vive in una bella casa ricca di storia e di storie nel ghetto di Roma, si intreccia una trama narrativa che continuamente apre spiragli su di un passato che David si troverà ad affrontare, riconoscendo nei tasselli del puzzle che compogono la vita di sua sorella, la propria storia. Scopriamo, quindi, vicende drammatiche che hanno caratterizzato le loro vite; la morte precoce della madre, quella del padre dieci anni dopo ed il suicidio dello zio affidatario sembrano segnare fortemente le esistenze di due esseri umani che, sin da piccoli, hanno dovuto fare i conti con l’esperienza dell’abbandono e dell’emarginazione che, contrariamente a quanto si possa pensare, li ha rafforzati e ha contribuito a renderli più autonomi: “A quel punto avevamo accumulato una sufficiente dose di passato da digerire ognuno per conto proprio, oltre ad aver imparato benissimo a cavarcela da soli entrambi.”(pag.40).

Attraverso il racconto di David, il lettore verrà condotto in un viaggio sulla scia dei ricordi partendo da una grande casa sulle colline svizzere arrivando in una Parigi affascinante ed ostile, da un’università negli Stati Uniti al Canada che diventa luogo eletto all’incontro fino a Roma, come meta ultima, che offre accoglienza e che dà la possibilità di dimenticare.

I frammenti dei testi di Anja, che “interrompono” ed arricchiscono la narrazione, svelano e confermano al fratello il mondo della donna. Il mondo esteriore, ma anche il mondo interiore fatto di decisioni tormentate, di scheletri nell’armadio e di teneri ricordi, ma anche della consapevolezza di voler diventare un’artista superando il dramma personale della propria dislessia: “Amare le immagini dell’arte, divenne come l’amare le parole incomprensibili degli altri da piccola, aspettando che un giorno qualcuno udisse il suono nelle linee della sua calligrafia.”(pag.53). Anche le citazioni ed i riferimenti letterari sembrano caratterizzare l’esistenza di questa straniera audace e forte che fa proprie le parole di altri scrittori ed utilizza personaggi letterari e fiabeschi per ricondurre tutto ad un piano più personale e per portare il fratello alla scoperta di quel dramma familiare che li guarda e che lei ha sempre tenuto nascosto per difenderlo. E sarà proprio con una fiaba ed attraverso il ritorno doloroso e difficile alle vicende ed ai luoghi della propria infanzia che David scoprirà la verità sul padre condotto, in qualche modo, dalla stessa Anja.

“Lasciare il bosco” non significa voltare le spalle al passato, ma vuol dire affrontare quei segreti incatenati in un tempo non troppo distante per poi liberarsene e vivere serenamente il presente ed in questo cammino, sarà la scrittura a rappresentare la chiave di svolta. Se per entrambi i protagonisti di questa storia è sempre stato semplice comunicare oralmente in diverse lingue, la parola scritta rappresenta un grande ostacolo e proprio per questo motivo è l’unica che libera, che salva e che aiuta a superare e andare oltre; può essere la citazione letteraria di un libro o di uno scrittore che ci rappresenta, le parole confuse ed emozionate di una donna che ripercorre le tappe della propria vita oppure il diario di un giovane uomo che riuscirà finalmente a guardarsi dentro.

 

Lasciando il bosco. Susanne Portmann. Mangrovie, 2007